lunedì 14 aprile 2008

Giappone, il boia colpisce ancora


Non si ferma la scure del boia in Giappone.

La scorsa settimana sono stati eseguite altre quattro condanne a morte, dopo le tre di febbraio. Nel 2007 erano state nove le persone legalmente ammazzate dallo stato giapponese.

Sia chiaro, sono numeri relativamente piccoli rispetto ai dati sulla pena di morte in Cina o in Iran.

A colpire non è neppure il fatto che il Giappone sia un paese industrializzato, un membro del G8, visto che anche negli Stati Uniti la pena capitale è praticata non di rado.

Quello che suscita indignazione è l'appoggio pressochè completo della popolazione giapponese alla pena di morte.

Mentre negli Stati Uniti si sta facendo sempre più strada un approccio critico nei confronti della pena capitale, che ormai viene considerata necessaria da meno del 50% degli americani, in Giappone non c'è nessun segnale che faccia pensare a un cambiamento di mentalità da parte dei cittadini dell'arcipelago.

Mentre in America si discute sulla sofferenza fisica causata dall'iniezione letale e si sospendono le esecuzioni che utilizzano questo metodo, in Giappone la morte avviene da sempre per impiccagione e nel silenzio assoluto. Il condannato non saprà mai che quello che sta consumando è il suo ultimo pasto e i parenti sapranno della sua morte solo a esecuzione avvenuta. Fino all'anno scorso i nomi dei condannati non venivano neppure resi pubblici.

Il ministro della Giustizia, Kunio Hatoyama, nega che ci sia stata un volontario incremento del numero di sentenze eseguite, sette dall'inizio del 2008. "Ho semplicemente applicato la legge, non ho fatto caso all'intervallo di tempo trascorso tra un'esecuzione e l'altra". E perché farci caso? Finchè il popolo sarà con lui, il ministro non avrà nessun bisogno di giustificarsi.

Per saperne di più:
Japan death penalty information center
Amnesty international report 2007

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