lunedì 5 maggio 2008

Birmania, il ciclone Nargis fa 4000 morti

È passato per il Myanmar sabato, ma la tv di stato ha dato la notizia solo oggi.

Il ciclone Nargis, che ha causato finora quasi 4000 morti e migliaia di dispersi, si è abbattuto sulla Birmania a 241 chilometri orari, distruggendo tutto quello che ha trovato lungo la sua strada. Fino a raggiungere l'ex capitale, Yangon, la cui popolazione supera i sei milioni e mezzo di persone.

Sono centinaia di migliaia le persone rimaste senza casa, nelle zone colpite dal ciclone manca completamente l'acqua potabile e al mercato nero i prezzi sono già saliti alle stelle. Le candele sono completamente scomparse, a riprova della scarsa fiducia della popolazione in un rapido ritorno dell'elettricità e degli altri servizi primari.

La giunta militare, che governa la Birmania da ormai 46 anni, pare aver dato un cauto benestare all'invio di aiuti da parte dell'Onu e degli stati vicini.

L'India ha già preparato due navi cariche di cibo, vestiti, coperte e materiali sanitari da spedire in Myanmar. Sono stati promessi aiuti anche dall'Ue, dalla Thailandia, da Singapore, dal Giappone.

Arriveranno anche gli aiuti statunitensi, ma con un escamotage che permetterà agli americani di non perdere la faccia nel confronto col regime birmano: il Myanmar è soggetto a sanzioni durissime da parte Usa, perciò i fondi d'aiuto giungeranno attraverso il World Food Program e altre organizzazioni umanitarie.

Si stima che il numero di morti dichiarati sia destinato a salire ancora: le organizzazioni internazionali parlano addirittura di un bilancio finale di 10.000 vittime.

Nonostante lo stato d'emergenza, che coinvolge 24 milioni di persone, la giunta militare non ha intenzione di cambiare i propri piani.

Il 10 maggio aveva indetto un referendum per l'approvazione di una nuova costituzione redatta dalla giunta stessa, sempre in chiave autoritaria, anche se con qualche concessione a un non lontano futuro multipartitico.

Non sarà un ciclone a cambiare i piani governativi, i militari l'hanno fatto capire chiaramente. Attirandosi, com'era ovvio, le critiche degli oppositori del regime così come degli osservatori internazionali, che vorrebbero che in questo momento le priorità fossero altre.

(L'immagine pubblicata è di proprietà di Hla Hla Htay/France-Presse — Getty Images)

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